Non è più il momento di ricorrenze da festeggiare, ma è ora di bilanci e proposte concrete.
In ambito lavorativo va abbattuta la disparità retributiva e salariale, facilitando le progressioni di carriera per le donne e un miglioramento delle loro condizioni economiche.
A venti anni dalla storica Conferenza di Pechino, sembra più urgente che mai ribadire il fermo rifiuto delle donne della UIL a ogni forma di discriminazione e ineguaglianza tra uomini e donne, perché la “disuguaglianza non paga”.
Non paga in termini economici, perché il 15% del PIL potenziale non viene realizzato a causa delle discriminazioni nei confronti delle donne; non paga in termini di ricchezza pro capite, perché meno donne al lavoro vuol dire maggiore povertà delle famiglie; non paga in termini di democrazia perché la troppo limitata rappresentanza femminile impedisce il rinnovamento della società; non paga in termini di sicurezza sociale perché le discriminazioni, le molestie gli abusi di genere nel lavoro incidono in modo preoccupante sullo sviluppo potenziale della produttività nazionale e gravano sulla salute dei lavoratori e delle lavoratrici.
Non è più il momento di ricorrenze da festeggiare, ma è ora di bilanci e proposte concrete. In ambito lavorativo va abbattuta la disparità retributiva e salariale, facilitando le progressioni di carriera per le donne e un miglioramento delle loro condizioni economiche.
Occorre anche ripensare un welfare che non faccia esplicito affidamento sulle donne e sulle famiglie, ma che promuova la nascita di servizi indispensabili per un futuro in cui la natalità non sia un problema ma una grande opportunità e, nel caso italiano, per evitare che il nostro Paese si trasformi rapidamente in una nazione di “vecchi”.